giovedì 23 gennaio 2014

L'arte della scrittura secondo Robert Louis Stevenson

Quanto mi piacciono i libricini che sanno di antico! Ho letto “L'arte della scrittura” di Robert Louis Stevenson edito da Mattioli 1885 ed è una meraviglia. Formato tascabile, copertina rugosa, pagine stondate e i consigli geniali di uno scrittore che ho amato da bambina e tuttora non smette di stupirmi. In questo saggio Stevenson fissa alcune delle sue teorie sull'arte della scrittura e tocca moltissimi argomenti fondamentali, ad esempio: la costruzione di un personaggio, la scelta delle parole, i “furti legittimi” agli altri scrittori, l'importanza dell'essenzialità, l'intreccio, il ritmo, i contenuti della frase e molto altro ancora. Dalle pagine emerge la passione e la profonda umiltà di Stevenson come scrittore e come persona... e questo me lo ha fatto amare ancora di più.
L'arte della scrittura di Robert Louis Stevenson su vanillasnotes

lunedì 20 gennaio 2014

Le stanze degli scrittori

Dove è meglio scrivere? Difficile dirlo, ognuno di noi è diverso e ognuno di noi ha i propri personalissimi gusti. Per quanto mi riguarda preferisco scrivere a casa mia, in genere sul divano con il gatto tra i piedi e la musica nell'aria. Se invece ho voglia di mettermici d'impegno, da una certa ora x a un'altra ora y (mai rispettato un piano di lavoro in vita mia...), mi piazzo diligente alla scrivania. Quest'ultima opzione è praticabile solo quando la suddetta scrivania non è sommersa di "robe appoggiate lì solo per un attimo che poi dopo le metto a posto"… di solito diventa un ammasso di materia informe dalla quale spuntano libri, matite, elastici per i capelli, pezzi di contabilità, nastri di pacchi regalo, mezzi biscotti, graffette, pupazzetti, calcolatrici. Questo quando voglio scrivere "sul serio" perché quando si tratta di segnarsi un appunto volante, un'idea, un'ispirazione respirata sul momento, non ha importanza dove mi trovo, tiro fuori il taccuino e scrivo.
Non so perché ma vedere la scrivania, lo studio, la stamberga, il caffè, la panchina dove gli scrittori amano scrivere, mi ha sempre incuriosito e dato l'impressione di potermi mettere in contatto con loro, come se da quei luoghi e quegli oggetti trasudasse l'anima di chi li ha frequentati.
Poi torno a pensare a me e ai miei banalissimi luoghi che non hanno niente di leggendario e mi dico: "è una missione impossibile".
Foto del tavolino di Jane Austen
Il tavolino di Jane Austen. Ph. credit: Eamonn McCabe qui

martedì 14 gennaio 2014

Le idee che vale la pena sviluppare e quelle che invece è meglio lasciar morire di inedia

Le idee rimbalzano in testa a qualsiasi ora e in qualunque luogo e, a meno che non si stia guidando o si sia bloccati sotto i ferri del dentista, è possibile appuntarsi un’idea su di un taccuino.
In genere a me capita che un’idea mi si accenda in testa quando non ci penso, quando magari sto (appunto) guidando, o sono in bici o le (rare) volte che pulisco la casa, quando cioè svolgo operazioni meccaniche, gestite in automatico dal mio cervello. Le operazioni semplici infatti occupano poca “ram” e mi lasciano sufficiente (?) cervello libero per scorrazzare avanti e indietro senza freni.
È come se in quei momenti di isolamento forzato senza mansioni intellettuali più impegnative da svolgere, la mia mente non avesse più restrizioni e fosse più libera di pensare e partorire idee su idee.
Idea_vanillasnotes_blog

martedì 7 gennaio 2014

Edgar Allan Poe e la filosofia della composizione

Ho scovato un libretto interessante di Edgar Allan Poe: la filosofia della composizione. In questo saggio il grande Poe (anzi Allan Poe... ma non posso farcela a ricordarmelo) spiega quale sia la sua tecnica di scrittura e prende ad esempio la composizione della sua famosa poesia "The Raven" (Il corvo).
Tra le varie cose che ci dice una balza all'occhio: "nessun particolare della sua composizione è attribuibile al caso o all'intuizione".
Ci dice inoltre che il suo intento era quello di comporre una poesia che si adattasse al tempo stesso al gusto del pubblico e a quello della critica.
Non male, le premesse!
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mercoledì 1 gennaio 2014

Show, don't tell: che cos'è - Parte 1

Lo show, don't tell (mostrare, non raccontare) è uno strumento di tecnica narrativa. Sbirciando su Wikipedia si può avere un'idea generale sul che cosa si intenda. Dalla pagina di Wikipedia in inglese:

Show, don't tell is a technique often employed in various kinds of texts to enable the reader to experience the story through action, words, thoughts, senses, and feelings rather than through the author's exposition, summarization, and description.

Lo show, don't tell (mostrare, non raccontare) è una tecnica impiegata spesso in vari tipi di testi per permettere al lettore di vivere il racconto tramite l'azione, le parole, i pensieri, i sensi e i sentimenti piuttosto che tramite l'esposizione, il riassunto e la descrizione dell'autore.
Show_don't_tell_vanillasnotes