martedì 24 giugno 2014

Scrittura e campionati di calcio: come imparare da una partita

Lo dico subito: non mi intendo di calcio e non ho una squadra del cuore. Da piccola tifavo “Juve, Juve” solo per adeguarmi alla totalità della mia classe. Tifavamo tutti (?) la stessa squadra per spirito di contraddizione nei confronti del maestro milanista. C’era un motivo economico sotto: quando capitava “Juve-Milan” e “noi” vincevamo, il maestro ci portava tutti al barettino dietro al parco delle scuole elementari e ci comprava il gelato. 
Ho poi avuto un periodo di "allenamenti" calcistici solitari che sono durati più o meno quanto la serie "Holly e Benji": finito il cartone, finita la passione. Quindi le mie conoscenze delle regole del calcio risalgono a quanto raccontavano nel cartone animato, se nel frattempo è cambiato qualcosa... addio, non ne so nulla.
Campo-calcio-vanillasnotes
Ph. credit qui
Confesso perciò che anche in questi giorni di “febbre calcistica mondiale” non seguo le partite dell’Italia con particolare entusiasmo. L’unico motivo per cui ruzzolo sulle partite in TV è che alla sera arrivo sfracellata sul divano, apro un occhio e pigio il primo tasto del telecomando.

In ogni caso il paragone che sto tentando di fare tra scrittura e calcio, varrebbe anche per scrittura e nuoto o scrittura e ciclismo, insomma tra scrittura e qualsiasi sport (o almeno tra quelli che io conosco).

Il calcio (leggi lo sport) è una continua calibrazione delle energie a disposizione, una minimizzazione degli sforzi inutili con lo scopo di vincere. Il che si traduce in accelerazioni, rallentamenti, pause, scatti e azioni.
Mi spiego. Quando il portiere fa un rinvio non è che prende una rincorsa di ottocento metri, fa una capriola e tira, ma piuttosto si sistema per benino la palla dove vuole lui, fa qualche passetto indietro e poi dà un bel calcione. In questo modo ha dosato le sue energie (e anche quelle dei compagni che non sono costretti a “portare su” la palla fino all’altra metà campo) cioè ha in un certo senso accelerato l'azione. Una partita può avere un ritmo frenetico o sonnolento, può essere ricca di azioni e gol oppure noiosa fino alla morte.
Pallone-calcio-vanillasnotes

Penso che scrivere una storia sia un po’ la stessa cosa: ci sono continui saliscendi, accelerazioni e rallentamenti. 
Io non ho ancora imparato a farlo e non sono nessuno per insegnarlo, ma nei vari corsi/libri/consigli/blog vari che frequento ho sentito sentenziare spesso questa teoria: quando scrivi una scena importante, allora rallenta (puoi aggiungere dei dettagli minuti, descrivere ad esempio il click della maniglia abbassata dalla mano guantata dell’assassino e poi il minuscolo spiraglio di luce che si insinua sulla moquette del corridoio e poi il ting dell’ascensore chiamato al piano di sotto, e via dicendo). Quando invece non hai nulla di interessante da dire, accelera, taglia il superfluo (sì, bisogna avere questo coraggio), ovvero dai un bel calcio di rinvio e riparti da un’azione (ad esempio se voglio raccontare un'invasione dei marziani a Venezia, inutile partire con il descrivere il dubbio amletico di un personaggio qualsiasi su quale marca di dentifricio scegliere al supermercato... a meno che questa scelta non sia importante per lo svolgimento successivo della storia). 
È cioè inutile stare a cincischiare con la palla tra i piedi… che poi rischi che te la soffi l’avversario e ti faccia pure gol (ovvero finisci con l’annoiare il lettore, disorientarlo e perderlo). Questo ha a che fare anche con la capacità di sintesi che è secondo me una qualità imprescindibile degli scrittori. E qui si apre un altro tema enorme che (penso...) affronterò in un futuro prossimo.
Curva-stadio-vanillasnotes

Poi ognuno condisce il tutto con il proprio stile, così come le varie squadre di calcio hanno ognuna il proprio modo di giocare. Io non ne sarei in grado, ma sono sicura che ad esempio mio zio (che ai suoi tempi è stato un buon giocatore e adesso allena una squadra di calcio femminile) saprebbe riconoscere a occhi chiusi lo stile brasiliano da quello italiano intuendolo dal fruscio degli scarpini dei giocatori sull’erba.
Mi vengono in mente una miriade di altri accostamenti: ad esempio che i giocatori sono un po’ come i personaggi di una storia. Ognuno ha il proprio ruolo, intesse relazioni con i compagni, costruisce un gioco e se tutti insieme “funzionano”, può anche essere che vincano la partita. O i mondiali. Ci ragiono su stasera mentre guardo (forse) la partita.

Alla prossima,
Vanilla

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